mercoledì 2 novembre 2011

L'altare del sacrificio

 E così ho aspettato che tu  rinverdissi
e che da erba diventassi un altare;
ma come tutti gli altari
ti sei fatto pietra.

Leggendo questi versi di Alda Merini, non posso fare a meno di pensare che siano stati scritti per me, anzi avrei aggiunto un bel:

Su cui mi immolo, per starti vicino.

Non sto bene, oggi pensavo di scrivere un post sfizioso sui miei avi trapassati, ma non ho le forze per provarci. Sono troppo stanco e avvilito. Non so se mi faccia più male l'anima o il fisico. Ho uno dei miei momenti no, in cui vedo tutto nero. Se dovesse esserci un altro crollo, questa volta rimango lì sotto le macerie. Non ne vale la pena salvarmi. Salvarmi poi per cosa? Salvarmi per chi? Per passare un altro lungo inverno dalla durata indefinita? No, grazie. Ho già dato abbondantemente altre due volte, una terza a che pro? Non posso combattere contro ciò che non conosco, contro ciò che non ha nome, contro ciò che per quello che ne so probabilmente neanche esiste. Sono stanco di aggrapparmi ad una flebile speranza, ho bisogno di qualcosa che rinnovi la pena per cui sia giusto continuare a combattere. Sono un sognatore, è nella mia natura sognare. Ho già dovuto rinunciare a molti sogni e progetti, li ho visti infrangersi ad uno ad uno, ho dovuto ridimensionarli drasticamente. C'ho sofferto, ci soffro, ho incassato, ho metabolizzato, ho visto molti bassi e sono caduto molto in basso e non ne vado fiero. Devo essere duro con me stesso affinché ciò non accada più, per questo mi torturo. Per questo, non posso vedere infranto anche quello che nascondo nel profondo del mio cuore, quello che non svelerei neanche sotto tortura. Non sono intelligente, né bello, né spiritoso, non ho chissà quali grandi qualità. Sono la somma del peggio, sono uno scherzo della natura fatto uomo. Se non riesco a realizzare ciò che porto nell'intimo del mio cuore, come posso pretendere di Vivere sul serio? La colpa è solo mia e della mia incapacità. Quale onta avvelena il mio karma e il mio divenire? Condannato a "vivacchiare" nell'infelicità. Che amarezza!
Non sopravviverò ad un nuovo inverno, non questa volta. Non ce la faccio. Non posso. Non voglio. Sarà la fine.

2 commenti:

  1. "Amore mio, non sempre tutto volge per il verso giusto, ma non è soltanto a causa del maltempo
    se il raccolto è andato perso. Ed è buffo come a volte il tempo scorra meglio del previsto,
    un panico incombente ci costringe ad addomesticare un fervido sorriso, un benessere improvviso... E' forse una remota
    speranza la felicità? godersi il sole in dicembre? non molto lontano da qui nevica [...]
    Amore mio, non è una colpa
    il non saper gestire la gioia
    e il fatto di trovarsi a proprio agio nel dolore e nella rassegnazione. Ed è innaturale come a volte ci forziamo di ignorare il gemito costante delle nostre reali inclinazioni, il margine di errore di un'incessante sottrazione."

    A te manca un guru nelle cui parole trovare la risposta ad ogni pena del cuore. Anch'io ero così come te e vedevo tutto nero, finché non ho incontrato la luce, la mia maestra di vita. Grazie a lei ho imparato che l'inverno è solo una stagione come un'altra.

    Ti mando un abbraccio colmo d'affetto. E se mi ricambi con un sorriso son già contento.

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