lunedì 25 giugno 2012

Un mese, un'eternità, una vita fa


È passato giusto un mese, a me sembra che sia successo anni fa, un'eternità, una vita fa.
Mi sento invecchiato di botto di almeno dieci anni,
eppure se mi guardo allo specchio sono sempre lo stesso,
al massimo con qualche capello bianco in più e un po' provato.
Sono esausto e inerme.
Smarrito è la parola esatta.
È la stanchezza dovuta alla perdita di un Grande Piccolo Sogno che rappresentava tutto il mio mondo:
il mio presente, il mio futuro.
Oggi è un mese esatto da quando il mio cuore si è fermato 
e si è sbriciolato in una moltitudine di pezzi,
dando vita ad una reazione a catena che ha provocato tanti piccoli grandi crolli. 
Non pensavo che sarei mai sopravvissuto a tutto questo.
Oggi è anche il suo compleanno.
Non era così che immaginavo di passare questa giornata.
Non era così che mi immaginavo andasse a finire.
Se strizzo meglio gli occhi, almeno un lieto fine c'è stato
 ed io mi aggrappo anche a quello,
illudendomi di aver contribuito a modo mio a metterci qualche mattoncino nel vissero felici e contenti
Ahahahahahah che idiota che sono!
Spero che Lui sia Felice e mi domando se un giorno riuscirò di nuovo ad esserlo anch'io.
Se anch'io avrò mai un giorno il mio vissero felici e contenti.
Al momento le mie risposte sono un NO, mai più! e un No, tu non ne hai diritto!,
ma visto la lentezza con cui di solito rielaboro, ci vorrà molto tempo, tanto tempo:
tra i 4 e gli 8 anni per cambiare forse idea, dato i precedenti.
I Maya faranno prima di me!
 Se non mi sentissi ancora suo, riuscirei a guardarmi attorno.
Se non mi mancasse tutti i giorni, sarebbe più semplice.
Se riuscissi a non pensarlo sarebbe tutto più facile.
Se smettessi di sognarlo sarebbe già un inizio.
Se incominciassi a pronunciare più il mio nome che il suo,
 sarebbe già una vittoria.
Se avessi un interruttore sul cuore, potrei spegnere il mio Amore per Lui.
Per ora sto procedendo a far cadere nell'oblio tutte le volte che mi ha ferito.
Non l'ha mai fatto intenzionalmente, ma capita quando tra due persone una ti vede come un Amico, un fratello un po' pasticcione più piccolo,
 e tu invece vorresti vederlo come un Amante, un compagno per la vita
e interpreti quello spiraglio come una possibilità.
Per ora mi aggrappo a quella felicità che mi ha dato, so che non dovrei farlo,
ma se non mi aggrappo almeno a quello cado giù nell'abisso.
Sembrerà strano, ma lo penso sempre con tanto affetto 
e con un sorriso un po' triste sulle labbra,
ma sempre con molto piacere.
A volte abbraccio il vento illudendomi di avere Lui tra le mie braccia.
Che stupido che sono!
A volte bacio i raggi di sole sperando di baciare Lui.
Che scemo che sono!
Ogni sera guardo le stelle e gli mando un bacio:
è il mio modo di essergli vicino in questo lungo cammino,
il mio modo di supportarlo in questo lungo viaggio,
il mio modo per augurargli tanta Felicità e tanta Serenità.
Il miglior regalo di compleanno che potrei fargli è essere felice,
so che Lui lo vorrebbe e lo apprezzerebbe,
ma non ricordo più come si fa ad essere felice.
Chissà se in futuro riuscirò a ricordarmi come si fa ad essere di nuovo Felice.
Chissà se un giorno ci sarà ancora qualcuno che:
 mi farà battere forte il cuore,
mi renderà felice,
mi farà sentire importante,
mi farà sentire speciale.
mi toglierà il respiro,
mi farà tremare le gambe,
mi farà sentire le farfalle nello stomaco...
come ha fatto Lui.

Buon compleanno mio piccolo Raggio di Sole
ti voglio bene. 
Grazie di tutto!


Io pronuncio il tuo nome nelle notti oscure,
quando giungono gli astri a bere nella luna,
e dormono i rami delle fronde occulte.
Ed io mi sento vuoto di passione e di musica.
Folle orologio che canta antiche ore defunte.
Io pronuncio il tuo nome in questa notte oscura,
e il tuo nome mi suona più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle e più dolente della mite pioggia.
Ti amerò come allora qualche volta?
Che colpa ha commesso il mio cuore?
Se la nebbia si scioglie quale nuova passione mi aspetta?
Sarà tranquilla e pura?
Se potessi sfogliare con le dita la luna!


Federico García Lorca (1898-1936)

venerdì 22 giugno 2012

Questo post si autodistruggerà (forse)


Riprovo a buttar giù due righe per il blog, sperando questa volta di non pentirmene come ieri sera e di non autocensurarmi cancellando il post dieci minuti dopo averlo pubblicato. In questo periodo mi pesa scrivere, ma mi pesa ancor di più non scrivere.

Ieri sera avevo scritto un post sui miei draghi, sul loro ritorno, su come non ce la faccio a combatterli questa volta, e che vorrei che mi fagocitassero in fretta ponendo fine a questa mia lenta agonia. Poi, mi sono sentito in colpa, molto in colpa, ed ho cancellato il post perché non volevo che lo leggesse Lui. Basto io per tutti a stare male, non mi sembra giusto che ci stia male anche Lui solo perché io ho avuto la "sventura" di innamorarmi di Lui. Non posso permettermelo. Non posso delegare il mio dolore a terzi, il dolore è mio e me lo tengo. Non so neanche se riuscirò a finire e a pubblicare questo post. Forse è arrivato il momento di far morire questo blog se devo avere il terrore di far del male agli altri e di conseguenza mi debba censurare. Censura che sia chiaro non mi è stato imposto da nessuno, ma che mi sento in obbligo di porre comunque per proteggerlo da me, perché è giusto che sia felice e si goda la vita a pieni polmoni e poi tra pochi giorni è il suo compleanno e non posso essere così stronzo e ferirlo involontariamente solo perché io sto male. Quando parlo di altri comprendo anche altre persone con cui si è instaurato un bel rapporto di amicizia e probabilmente quelle mie parole di ieri sera le avrebbero ferite profondamente perché avrebbero riportato a galla dei brutti ricordi/pensieri che appartengono al loro vissuto e non voglio riaprire delle loro ferite: non è giusto. Non è un bel periodo, soprattutto perché ora incomincio a percepire ancor di più ciò che ho perso, ciò che si è rotto in mille pezzi, ciò che non avrò e che probabilmente non avrò mai. Ora a quasi un mese, sento ancora di più il vuoto. Prima l'avvertivo, ma col fatto che c'erano "altri impegni" a tenermi occupato non riuscivo a rendermi conto fino in fondo dell'inferno che mi attende. Ora per fare quel poco che faccio, devo farmi continuamente forza e violentarmi per farlo. Se fosse per me non farei niente, al massimo aspetterei la mia fine e dai capricci del mio corpo non ci vorrà poi molto. A complicare tutto c'è l'estate. La odio: troppo tempo libero a disposizione da gestire nel peggiore dei modi, linfa vitale per draghi e per stare male. Non riesco ad associare all'estate i bei ricordi, che ci sono di sicuro, ma solo cose brutte e spiacevoli.

Ora ho perso tutto e non ho più nulla. Non ho niente a cui aggrapparmi e da cui ricominciare a costruire. Ho quel maledetto foglio bianco che non riesco a riempire, in cui non riesco a scrivere neanche un buon motivo per continuare a lottare e no, per me stesso sinceramente è una motivazione flebile come togliere 7 giorni di ferie agli Italiani per fare aumentare di un punto percentuale il PIL nazionale. Non ho neanche un sogno insignificante, un obiettivo, un progetto, un qualcosa tutto mio da perseguire e realizzare. Ho il nulla. Ho il terrore di chiudere gli occhi e il terrore di stare sveglio. Non ho neanche la forza di impazzire, figuriamoci a scappare. Non sono riuscito neanche a gioire per aver passato l'esame di francese. Nonostante sia stato il più bravo del corso e della sessione a C., sono stato capace di lamentarmene e di non esserne felice. Ho fatto in tempo a dire che avrei potuto fare molto di più e che non ero soddisfatto del mio risultato. Mi sono morso la lingua per non rovinare la festa agli altri ed ho cambiato discorso. Già mi sentivo fuori luogo essere lì alla festa nelle mie condizioni. Per me è stata una doppia sconfitta. A niente sono valse le giustificazioni della professoressa madrelingua a consolarmi (sul primo brano ha avuto bisogno di ben otto ascolti per capire tutto il brano, mentre noi ne abbiamo avuto solo due a disposizione); né il fatto che nella produzione scritta sono andato fuori traccia, traccia che definire stupida è un eufemismo perché come l'ho svolta io aveva un senso, come richiedevano no. Per me è stato un fallimento perché arriva troppo tardi e perché è molto al di sotto della soglia che mi ero prefissato, peggio delle due simulazioni fatte in aula. Il fatto che il compito fosse difficile, non riesco a vederlo come una giustificazione al non raggiungimento del mio obiettivo prefissato. Non nego che da un lato avrei preferito essere stato bocciato, almeno la volta successiva mi sarei impegnato il doppio e poi avrei passato quest'estate a buttarmi anima e corpo sul francese e amen: avrei ridotto all'osso i pensieri. Non ce la faccio. Non riesco neanche ad essere duro con me stesso come dovrei.

Ps: questo post è brutto come la fame ed inutile come le zanzare, se qualcuno si sente offeso lo cancello, mi scuso e mi ritiro in silenzio stampa, ma tanto non cambia nulla di come stanno realmente le cose. In futuro si può solo peggiorare e con i presupposti che ho e che non scrivo, sarà sicuramente così. Come si dice: al peggio non c'è mai fine.

lunedì 18 giugno 2012

Troppo stanco


Sono troppo stanco per andare avanti, troppo stanco per tornare indietro e troppo stanco per stare fermo un turno e riposarmi. Sono confuso e non ho la forza di fare chiarezza e mettere nelle giuste caselle ogni cosa. Non ce la faccio a metabolizzare tutto e andare avanti. Ora non ci riesco. Non riesco a rielaborare tutto e a dare il giusto peso ad ogni cosa. Troppi cambiamenti e troppo in fretta. Troppe cose importanti e tutte insieme. Non riesco a districare tutti i nodi. O semplicemente sono solo stanco e non c'è proprio un bel niente da districare. Mi serve tempo per ritrovarmi.


Ain't no sunshine when he's gone
It's not warm when he's away
Ain't no sunshine when he's gone
And he's always gone too long
Anytime he goes away
I wonder this time where he's gone
I wonder if he's gone to stay
'Cause there ain't no sunshine when he's gone
And this house just ain't no home
Anytime he goes away

I know, I know, I know, I know...

Well I'll leave that man alone
But there ain't no sunshine when he's gone
There ain't no sunshine when he's gone
There's only darkness everyday
No there ain't no sunshine when he's gone
And he's always gone too long
Anytime he goes away
Anytime he goes away
Anytime he goes away
Anytime he goes away

Nancy Sinatra (Ain't No Sunshine - Anno: 1973)

venerdì 15 giugno 2012

(A)mare


Oggi ho guardato il mare cercando risposte. Ho ascoltato per mezz'ora il frangersi delle onde sulla battigia: io, il mare, una penna e un foglio bianco. Ho provato a buttar giù qualche idea sul futuro. Inutilmente. Il foglio è rimasto vergine. Il mare era brunastro perché era un po' agitato. Mi sembrava sporco, in disordine, insicuro; anche la spiaggia non era un granché. C'era solo un piacevole venticello che mitigava la calura del meriggio. Per ingannare l'attesa e per far tacere quella voce che mi chiedeva con insistenza e ora che succederà?, ho sfogliato a caso un libro di poesie di Kavafis ed è stato il buio. Pessima scelta leggere quelle due poesie. Pessimo tempismo. A volte il caso è un emerito stronzo, ma io me le cerco eh! Non potevo portarmi dietro un altro libro? Dovevo proprio scegliere delle poesie d'amore? Sono un folle! Più si cerca di rimuovere un evento doloroso e più ci si rimane ingarbugliati dentro. Per quanto mi sforzi di rimettere tutto nelle giuste caselle con le giuste etichette, arriva un punto che mi spariglia tutto. Penso, questo è il mio problema. Ho messo su le cuffie del mio lettore mp3 ed ho incominciato a camminare sul lungomare senza fermarmi. Mi avrebbe fatto bene correre, ma non avevo né un cambio e né la possibilità di farmi una doccia. Mi sono bruciato e non me ne sono accorto. C'era il vento ed io ho dimenticato che ho la carnagione chiara. Me l'hanno fatto notare, io non sento niente. È strano vedere questo contrasto tra il rosso accesso e il bianco candido: è ridicolo. Mi sento ridicolo. Sotto un pino, ho ripreso il mio libro ed ho continuato a leggere. Non so se sia masochismo, non so se sia la ricerca di un conforto, non so se sia il mio modo questa volta di andare avanti. Leggevo e avevo la pelle d'oca. Toccavo la disillusione, il dolore di una perdita, il piacere di un ricordo e confrontavo, materializzando le parole. Poi è arrivata l'ora di andare via, di ritornare tra la gente. Ho messo tutto nel mio zaino, attento a non far uscire niente, fingendo che quelle quattro ore di solitudine non siano mai accadute. Mi resta solo un'abbronzatura (non voluta) alla pene di segugio, qualcuno direbbe da muratore, un jeans da schiaffare in lavatrice perché un uccello ha deciso di regalarmi un po' di fortuna (spero migliore dell'uccellaccio romano di marzo), per il resto ho fatto lo scemo come non mai, ho fatto ridere ed ho riso, e non mi capacito di esserci riuscito meglio del solito. Mi piacerebbe capire se fossero risate sincere o costruite, ma forse ora pretendo troppo. Ora devo pensare a sopravvivere a quest'inverno e a questo grande freddo: sarà dura.

mercoledì 13 giugno 2012

Bolle di sapone


Sono tornato a casa da Torino, sabato mattina alle 8:30 circa, dopo quasi 16 ore di pullman, passando prima per la provincia di Asti, poi quella di Alessandria con fermata in città, poi un'altra fermata a Genova, vista dal pullman in quasi un'ora; e poi non ricordo più perché era buio e non riconoscevo le località, man mano che scendevamo verso sud. È stato un viaggio strano, in una settimana strana, in un periodo strano. Forse anche per questo non riesco ad aggiornare il blog, ho quasi un blocco, un mix di pudore-apatia-confusione-incapacità. Mi sembra di stare sulle montagne russe: un secondo prima sto su in cima e sto bene, l'attimo dopo sono giù che precipito nell'abisso più oscuro, poi di nuovo su, poi giù e così via. Ho l'umore altalenante e ballerino. Ero in un certo qual senso riuscito a trovare un mio equilibrio precario e inaspettatamente ero riuscito a ritornare con inaspettate energie, poi... un po' di disguidi, un po' di problemi, incazzature varie, un po' di tutto e queste energie sono svanite, dissolte nel nulla. Ora sto come in una bolla, incapace di dare un senso alle mie giornate: un attimo prima sono indaffarato a progettare qualcosa e a fare, l'attimo dopo sono in preda all'apatia più totale. Eppure avrei tanto da dire, da raccontare, da scrivere; ma ho un po' paura di fare involontariamente del male: sia a me che agli altri. È una piccola fatica scrivere questo post, ma da qualche parte si deve pur ricominciare. Faccio un passo avanti e uno indietro, quindi rimango immobile. Non riesco più a capirmi. Se non ci riesco io a capirmi, figuriamoci gli altri. Non ho la più pallida idea di cosa fare, dove andare e boh! Vorrei che tutto fosse più semplice, dannatamente più semplice. Vorrei avere la leggerezza e quella semplice gioia fanciullesca di fare le bolle di sapone senza pensare a niente.


 [...] le mille bolle blu
e vanno leggere, vanno
si rincorrono, salgono
scendono per il ciel.
Blu, le mille bolle blu.
Blu, le vedo intorno a me.
Blu, le mille bolle blu
che volano e volano e volano.
Blu, le mille bolle blu, blu
mi sento dondolar
blu, tra mille bolle blu che danzano
su grappoli di nuvole [...]

domenica 3 giugno 2012

Grazie di cuore!


Succede che il dolore rende ciechi e ti fa stravolgere la realtà. Lentamente scivoli lungo un vortice che rischia di fagocitarti. Perdi di vista tutto. Incominci a dubitare di te, della persona amata, dei tuoi sentimenti, insomma di tutto. Sembra che tutto sia irrimediabilmente rotto e non si aggiusterà mai più. Ci vuole un tempo indefinito e variabile affinché si riprenda il viaggio, ma intanto ci si tortura con domande martellanti più o meno legittime. Si finisce per farsi un processo, dove si è contemporaneamente giudice implacabile ed imputato colpevole. Tutto volge al peggio... 
Poi, capita delle volte che i miracoli accadano sul serio, o più semplicemente si riesca a trovare la chiave e come per magia ogni cosa incomincia a tornare al suo posto. A volte quella chiave si veste di parole dette, altre volte scritte, altre volte ancora tramite semplici gesti. La mia è avvenuta tramite mail. Quelle parole sono state come la forza dirompente di un'onda che ha buttato giù i muri che stavo ricominciando ad erigere, ha spazzato via il vortice in cui stavo cadendo, ha colmato il mio senso di vuoto e di impotenza, ha placato la mia sete di verità. Forse non erano esaurienti, forse non erano quelle che volevo, ma erano quelle giuste, quelle sincere che nascono dal cuore, quelle che riconosci vere senza se e senza ma, quelle che hanno dissipato ogni nube all'orizzonte presente e passato. È stato come un'epifania, un pianto liberatorio che mi ha consolato e donato la pace. È stato come riscoprire la luce, riscoprire che non ho sbagliato tutto e che se anche lo avessi fatto non ho nulla di cui colpevolizzarmi. Ho fatto del mio meglio. Ho tentato. Ho amato, amo e amerò ancora. Non tutto è perduto. Non tutto il tempo è andato sprecato.
Non sarà semplice ricominciare perché non posso smettere di amarlo dalla sera alla mattina. Ci vuole tempo, ma intanto è giusto e sano lasciarlo andare. È giusto per Lui, è giusto per Me. Questa è la parte più difficile: dire addio e lasciarlo andare per la sua strada. Lo ammetto, incominciavo ad essere egoista, stronzo e ricattatore, come se tutto mi fosse dovuto. Non l'ho fatto con cattiveria e né sto cercando delle scuse per discolparmi, so di aver sbagliato ad usare il senso di colpa come arma per tenerlo ancora un po' legato a me. La paura di poter restare soli è una brutta bestia, però ho capito che non sono solo, perché c'è Lui a proteggermi come Amico, perché ci sono tante persone che mi vogliono bene e che me l'hanno dimostrato con tanti piccoli gesti. Non vi cito uno per uno per paura di dimenticarmi qualcuno, ma in una parte del mio cuore ho inciso i vostri nomi a mo' di promemoria per il futuro e vi ringrazio. Per il momento il quadernino che gli volevo regalare non lo distruggo perché mi serve per ricordarmi di continuare a lottare e di prendere in mano le redini della mia vita. Più in là lo distruggerò e da quelle ceneri come l'araba fenice ne nascerà uno tutto mio. Ora ho bisogno di metabolizzare e di riabituarmi ad un IO, perché quel NOI non può più esistere. Non sarà facile. Ora devo prendere un nuovo foglio bianco e incominciare a scrivere e a colorare con i colori della vita. Non lo so se ci sarà qualcuno di speciale tutto per me, né quando e come arriverà. Spero presto, perché perdersi in un abbraccio riscalda il cuore e rinfranca lo spirito. Mi sembra cosa buona e giusta non continuare a parlare di Lui su questo blog, ma di riprendere a parlare di Me. Prima però un grosso grazie di cuore, un abbraccio stritolante stretto al cuore e un bacio sulla fronte, glieli mando lo stesso, perché in un certo senso, se rinasco, un po' è anche merito tuo. Cerca di essere felice. Ti voglio bene mio piccolo Raggio di Sole.


venerdì 1 giugno 2012

Légami o legàmi?


È passata una settimana esatta da quando ho ricevuto la notizia più brutta della mia vita, tramite mail. E pensare che se non avessi scritto questo post, probabilmente nemmeno l'avrei saputo. Che amarezza! Pensavo che tutti i miei sforzi sarebbero stati lautamente ricompensati. Pensavo di essere una bella persona. E invece... Si vede che non merito di essere felice. Si vede che sono una persona orribile. Non riesco a capire. Perché a me? Dove ho sbagliato? Dovrei avere l'adrenalina a mille perché giovedì parto. Invece mi pesa. Non ho voglia di preparare lo zaino. Se non avessi già tutto pagato non andrei a Torino. Non ne vale la pena. Sono demoralizzato. Poi mia madre che mi assilla puntualizzando che è stato un azzardo scegliere Torino, troppo fuori mano per te! Se avessi scelto Roma ti stresseresti di meno. Rimango in silenzio. Mi rabbuio. Da una settimana Torino è un tabù, non mi brillano più gli occhi quando lo pronuncio. Ogni volta mi blocco. Vorrei spiegarle il perché della mia decisione, dirle tutto. Spiegarle i miei silenzi, le mie preoccupazioni eccessive, quella paura di non fare mai in tempo, la mia felicità, il mio cuore spezzato. Dirle che ho scelto il Piemonte per seguire il mio cuore e che per una volta anche la ragione era d'accordo. Pensavo che fosse un primo passo verso la felicità. Non ce la faccio. Non ce la faccio ad affrontare ora anche un coming-out. È già un miracolo che sto qui a scrivere. È già un miracolo che non trattengo più il respiro. È già un miracolo che la carrozzeria esterna funzioni ancora nonostante tutto.


Ieri per la prima volta in cinque mesi, quasi sei, ho lasciato a casa il mio piccolo quaderno, quello che volevo regalare a Lui. È stato come uscire nudo. Ormai lo consideravo una mia appendice esterna, una sorta di coperta di Linus da cui non mi staccavo mai, se non per andare al massimo in palestra o per fare la fila alla posta. È venuto con me un paio di volte a Roma, mi ha seguito nelle mie peregrinazioni nel sud Italia e sarebbe dovuto venire con me anche a Torino, la prossima settimana. Era il mio promemoria: mi ricordava che non ero solo e che avevo un progetto, un sogno da realizzare, una persona di cui prendermi cura e per cui vale la pena di rischiare. È tutto finito. Avevo calcolato che potesse andare male, ma mai ho immaginato che finisse in questo modo, ancor prima di iniziare. Ho ancora quell'amaro in bocca che non riesco a mandar via: più bevo acqua e più non va via. Dovrei bruciarlo, ma non ho ancora il coraggio di farlo. Non riesco neanche a sfogliarlo senza avere un nodo in gola e la sensazione di precipitare nel vuoto. Mi fa male. Anche quel quaderno rappresentava la parte migliore di me. Adesso non c'è più, e anche quella parte di me non ha più ragione di esistere. Sono esausto. Perdo pezzi. Oggi mi sembra di avere poco ossigeno a mia disposizione, faccio fatica a respirare. Sono a basso consumo energetico. Non riesco a concentrarmi. Mi sembra che niente abbia senso. Su un foglio bianco, ho provato a scrivere un elenco di cose che mi rendono felice. Mi sono sforzato per riempirlo. Non ci sono riuscito. È rimasto vuoto. Eppure, ci devono essere per forza, ma non le trovo. Non riesco a vederle. Sono cieco e brancolo nel buio.

Oggi è stato il mio ultimo giorno di palestra. Ho detto che probabilmente riprenderò tra due settimane, giusto il tempo di superare due settimane di fuoco con un po' più di calma. Mentivo. Non rinnoverò per un altro mese, né credo riprenderò a settembre. Non ne vale la pena. Non ci sono risultati né benefici fisici e psichici. E poi cercare di essere più carino per chi? Solo per me? Non ne vale la pena. Potrei diventare mister universo, ma non cambierei la pessima percezione che ho di me. Sono stanco, tanto stanco. Credo di essere arrivato al capolinea e me lo ricordano i miei tendini doloranti. Questa mattina ho impiegato un po' a carburare e a camminare senza zoppicare. Avrei bisogno di chiudere gli occhi e dormire cento anni. Risvegliarmi tra le sue braccia e avere la certezza che era soltanto un brutto sogno. Niente di tutto ciò avverrà. Non ho avuto la possibilità di dedicarmi un po' di tempo per cercare di capire e assimilare il colpo. Il mio corpo me lo sta ricordando continuamente. Dormo male. Ho gli incubi. Non ci riesco. Non posso, non voglio, non ce la faccio. Ho smesso di studiare perché non ne vale la pena, perché non cambierà mai niente. Si può solo peggiorare. Ho voglia di mollare e cancellare tutto. Vorrei cadere nell'oblio e dimenticare.

So che non sono il primo e né sarò l'ultimo a soffrire per amore. So che ci sono problemi molto più gravi del mio. Ma non sono in grado di essere di aiuto né a me, né agli amici che non stanno bene e né alla società. Sono inutile.