martedì 25 luglio 2017

E io?


Non faccio in tempo a pensare di aver trovato un mio piccolo equilibrio precario da cui ripartire che subito  vado in pezzi. La verità è che mi sento immobile, ancorato ad un passato che mi sta stretto e che non riesco a buttarmi alle spalle, mentre gli altri vanno avanti, cambiano, si autorealizzano, lottano... io invece sono qua a raccogliere i miei pezzi. 
Gli altri realizzano i loro sogni, io invece mi sforzo di andare avanti, di tenere duro. 
Cado spesso, forse pure troppo. Rallento, incespico. Stramazzo al suolo.  Mi rialzo, ricado e così via. Gli altri cambiano io rimango sempre lo stesso, solo un po’ più vecchio, solo un po’ più stanco, solo un po’ più solo. 
È come se i miei progetti stentassero a realizzarsi, come se ci volesse più del previsto per riuscire a mandarli in porto, mentre gli altri sembrano che riescano perfettamente a rispettare le loro tabelle di marcia. 
Non capisco perché sono così lento. Non capisco perché cado così spesso. Sono esausto. 
Mi sembra che per quanto sforzi io faccia, rimango sempre al punto di partenza, al massimo qualche centimetro più avanti. 
Lo so che ognuno ha i suoi tempi, ma vorrei che i miei tempi fossero più veloci, più al passo con gli altri. Ho sempre quella sensazione di essere rimasto indietro, quello di essere perennemente in ritardo, quello di essere sempre l’ultimo ad arrivare, quello che casca dalle nuvole, quello più lento in tutto, quello che si sta perdendo tutto o quanto meno il meglio. 
Ogni volta è un colpo basso al mio cuore che mi fa sentire inadeguato: mentre cerco di capire come andare avanti, il resto del mondo si è già laureato, ha già un lavoro, si è già fidanzato, è già andato a convivere, si è già sposato, ha già avuto un figlio, ha già cambiato vita e già andato oltre... E io? Io ancora sono fermo a scrivere questo post e già gli altri mi hanno doppiato almeno un paio di volte.

venerdì 14 luglio 2017

Alone


Vorrei urlarvi per dire che dietro quella maschera ci sono io che sono a pezzi, che mi giudicate senza capire, che vi fermate alle apparenze, che non vi sforzate di conoscermi. Ci sono io, sono qui. Eccomi! Invece vi ostinate a non capire, a giudicare senza conoscermi, ad interpretare la maschera che porto dimenticandovi di me. 

Io sono umano con le mie debolezze e le mie continue cadute. Voi invece proiettate su di me ciò che voi pensate che io sia, ma quella persona in realtà non esiste, non è mai esistita.

Io sono qui con le mie fragilità, a gridare urla di dolore silenziose e senza voce.

Siamo mondi troppo distanti. Oggi ho provato a chiedere aiuto e invece… ne sono rimasto deluso. Non è stato l’aiuto che volevo, quello di cui avevo bisogno. Mi sono sentito compatito e non capito.

C’è quel muro di incomunicabilità, di diffidenza, di ferite aperte e mai rimarginate che mi fanno ancora male. Non riesco a parlarne, non voglio parlarne.

Lo so che mi volete bene, ma quel bene a me sembra finto e mi vergogno a scriverlo. Mi sono sentito stupido ad aver abbassato per un attimo le mie difese, per mostrarmi umano nella mia fragilità. Non accadrà più.

Si è alzato il vento ed è arrivato il tempo di ripartire… di nuovo da solo.